Sulla strada per Lucca la spedizione milanese era scortata da ogni genere di servitore. La strada era lunga e perigliosa, con un altissimo rischio per ciascuno di noi. Uno degli schiavi, chiaramente non umano, si avvicinò al mio cavallo durante il lungo viaggio. Era basso di statura e abbastanza tozzo. Sembrava godersi il viaggio incurante del pericolo. Nonostante la mia scarsa sopportazione per i non umani, specialmente i plebei, cominciammo a parlare. Immaginai che, dopo ore di viaggio, potessi concedermi qualche svago. Lo schiavo apparteneva ad un mercante ed era in grado di camminare per miglia prima di battere ciglio. Mi disse di aver già visitato la città di Lucca ma poi aggiunse “Conosco metà dei lucensi solo a metà e nutro per meno della metà di loro metà dell’affetto che meritano”. Lo scacciai con un calcio dopo quella frase, ritenendo avesse perso il senno, ma quella frase rimase nella mia mente per molte ore a venire.

La famiglia Trivulzio aveva prestato la propria spada al Supremo Inquisitore di Lucca, come era più che naturale, ma quello che trovai una volta giunto in città mi sorprese. Poteva davvero un Inquisitore tedesco agire per il bene di una città della penisola? Non dubitavo che la dottrina del Dogma fosse giunta in ogni angolo dell’Impero ma trovare uno straniero in una posizione di potere così importante mi turbava.

Giunto in città mi diressi immediatamente da Ludwig Von Mörs. Ebbi la fortuna di incontrare a colloquio con lui una delle personalità più importanti della città: Dama Orsetti, una delle protagoniste nell’uccisione dell’arcivescovo. Curioso dalle sue motivazioni, mi intrattenni con lei in una lunga discussione, sotto lo sguardo attento del Supremo Inquisitore. Alla fine compresi quanto Lucca fosse diversa da Milano, dove la metà delle parole di Dama Orsetti le avrebbero fatto guadagnare il rogo. Tuttavia la sua reputazione come Nobile Cacciatrice la precedeva e sembrava che avesse agito senza malizia. Si trattava senza dubbio di una Dama di spirito, che ringraziai il cielo non appartenesse ad una famiglia di Milano. Notai anche quanto l’Inquisitore tedesco fosse un uomo debole e assolutamente non in grado di mantenere l’ordine in città. Alla meglio, sarebbe stato possibile definire Ludwig un burocrate. Spesso e volentieri parlava del suo lavoro e si dimostrò fin troppo incline ad ascoltare frasi pericolose ed eretiche.

Quando mi congedai dal palazzo del Supremo Inquisitore, mi presi il tempo di riflettere. Sebbene la mia lealtà andasse al Dogma, la città si trovava sull’orlo del baratro. Se il progetto utopico e sciocco della Comune dei Cacciatori fosse andato in porto, Dogma e Impero avrebbero mandato le proprie armate a radere al suolo la città, bruciarne gli abitanti e spargere il sale sulla terra. Le conseguenze dell’ira di due forze così micidiali non potevano essere calcolate, motivo per cui quella follia andava fermata alla radice. Detestai ammetterlo ma la scelta migliore si sarebbe probabilmente rivelata l’equilibrio dei due poteri, esattamente come Bianca mi aveva predetto.

Presi poco parte al gioco politico che avvenne in seguito. Conclusi qualche accordo per la città di Milano e prestai assistenza agli Armistice nell’acquisizione dei progetti per dei nuovi forgiati ma mi interessai poco al resto. Lucca era una città che basava i suoi equilibri di potere sul commercio e non vi era posto per uno stratega militare ad un tavolo di mercanti. Lasciai che altri si occupassero della cosa. Il fato mi sorprese quando scoprii come la fazione della Comune dei Nobili Cacciatori si fosse sgretolata da sola. A quel punto il nemico fu chiaro: il francese Jean de Joinville doveva essere punito per la sua eresia. Con assalti coordinati, nei quali riuscii a collaborare con Dama Orsetti e a scoprirne in prima persona le qualità di Cacciatrice, facemmo esplodere alcuni punti chiave del suo potere in città. Al termine del nostro attacco ricevemmo la notizia della scomparsa del francese. Era il secondo figlio della Francia a sfuggirmi, non avrei lasciato che ci fosse un terzo.

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