Le sfortune per Milano non erano destinate a terminare presto. Rimpiangendo i giorni in cui le ombre si nascondevano, tramando ma preferendo non intervenire, apprendemmo della carestia. Il grano infetto, insieme al pane generato con esso, era stato sommariamente requisito e distrutto ma la fame era dilagata in città. La tensione era giunta alle stelle e, se noi Nobili Cacciatori non avessimo trovato al più presto una soluzione, il caos sarebbe potuto facilmente dilagare. Cos’altro avremmo potuto fare? Lasciare la pancia piena ma la piaga in città oppure mettere alla prova il corpo e lo spirito con la fame?

La soluzione ci venne indicata dalla donna che governava Milano, almeno per il momento, ma non sarebbe stato facile. A sud della città avremmo trovato un castello. Il signore di quel maniero poteva aiutarci con vettovaglie di diverso tipo, magari anche del pane, ma non dovevamo farci prendere dall’entusiasmo. Noi Nobili Cacciatori avevamo a disposizione pochissime informazioni, dovevamo prendere delle decisioni basandoci sul nostro istinto e i nostri ideali, e questo non mi lasciava tranquillo.

Il nostro gruppo di caccia, guidato dal saggio Lorenzo Castiglioni (tollerare la loro presenza diventava ogni momento più difficile), si diresse dunque a sud con un carro per riportare le provviste in città. Sulla strada trovammo delle impronte di un cavallo, apparse quasi dal nulla, e la preoccupazione di essere di fronte ad un essere simile all’ultima volta mi pervase. Tuttavia la mia doveva essere solo paranoia, poichè le tracce erano molto diverse.

Più avanti la strada ci venne sbarrata da esseri umani dai tratti animaleschi. La mia mano corse istintivamente alla spada ma il nostro capo caccia, nella sua saggezza (o eresia?), decise di dare spazio alla diplomazia. Con qualche piccola assicurazione gli abitanti del borgo intorno al castello si dimostrarono più che propensi a farci passare e a scortarci. Giunti in prossimità del castello, grazie a Machina scoprimmo come Martino Della Torre fosse in compagnia di un essere dall’immensa forza magica. Anche a quella distanza, il forgiato della famiglia Armistice era in grado di percepire un faro di quella portata come se fosse notte fonda.

Nonostante non fossi sicuro di voler accettare l’aiuto di Martino, non avevo motivi per pensare che volesse il male di Milano. Il signore del castello ci informò che avremmo potuto prendere del cibo se fossimo riusciti a portargli la testa di tre fiere: una lonza, un leone e una lupa.

La sfida contro le fiere fu ardua ma, grazie all’aiuto di uno zelante paladino e dell’impazienza di Martino Della Torre, riuscimmo a conquistare la vittoria. Lo scontro fu duro e più volte sentii le zanne della Lonza sulla mia pelle e nella mia carne. La cosa non bastò a terrorizzarmi o a farmi demordere dal desiderio di vendicarmi. Avevo una missione e l’avrei portata a compimento ad ogni costo.

Diverse ore dopo mi trovavo sulla via del ritorno per Milano quando ricevetti notizia che Castiglioni e Armistice volessero allearsi per scavalcare la Principessa Inquisitrice e distribuire direttamente i viveri alla popolazione. Una mossa azzardata dal forte significato politico. Mio malgrado accettai questa idea, nonostante il pensiero di fornire cibo consegnato da un abominio quale Martino Della Torre bastasse a farmi raggelare il sangue.

I cittadini di Milano ci mostrarono riconoscenza, nonostante il cibo donato dai Castiglioni fosse avvelenato o altrimenti compromesso, e grazie alla loro protezione compresi quanto Giovanna avesse poco potere in città.

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