[Dal Diario di un cittadino napoletano]

“Mannaggia a’ culonn’! Che rabbia che stavo ancora mezzo ubriaco, altrimenti gli davo addosso a quelle guardie.”

Peppino si teneva la testa mentre scriveva: la sbornia non era ancora passata, e già in condizioni normali scrivere per lui richiedeva fin troppa concentrazione. Ma non voleva, non poteva dimenticare.

“All’inizio è stato divertente, come negarlo. Il Clan… l’Impero… quello che è insomma, ha organizzato proprio una bella festa. Dopo tutte le tragedie che ci hanno colpito negli ultimi tempi, tutta Napoli aveva bisogno di distrarsi un po’. Piazza Plebiscito è stata pulita dagli Abomini per l’occasione, anche se ai lati della piazza si sentiva ancora la puzza orribile di quelle cose brutte.

Mia moglie è stata mangiata ieri da uno di quei cosi, quindi…”

Peppe si fermò un attimo, la mano gli tremava. Per qualche minuto si lasciò andare ad un pianto liberatorio. Non ne poteva più ormai, ma i suoi ricordi erano tutto quello che gli rimaneva.

“… quindi, vedendo il vino e il cibo ad un prezzo ridicolo, mi sono menato a strafogarmi. Ne avevo proprio bisogno.

Vedere quegli sgorbi dei mezz’orchi con i fucili delle guardie faceva strano, ma in mezzo al bordello non ci ho fatto troppo caso. Ad un certo punto, mentre stavo ballando in mezzo alla gente (facendo chissà quali figure di merda) ho sentito delle voci provenire da un lato della piazza. Guardando bene, ho riconosciuto dei Nobili –erano vestiti troppo bene per non esserlo- che stavano discutendo con delle guardie, ed in mezzo a loro c’era una signora che urlava e si dimenava. A terra stava tantissima polvere bianca, chissà cos’era. Forse una qualche droga illegale, forse non aveva pagato chi doveva pagare, non sono riuscito a capire bene. In ogni caso, dopo un po’ si è presentato un altro uomo, e le guardie, dopo che questo qui c’ha dato dell’oro, gli hanno dato un cazzotto e se ne sono andate. Meglio così, già me la immaginavo morta la signora.

Quando sono tornato a bere e a ballare, dopo un po’, dal palco in fondo si è sentita una voce che sembrava rimbombare in tutta la piazza: forse una di quelle cose magiche, che ne so. Un uomo ben vestito ed armato altrettanto bene ha iniziato a parlare di cose che non riuscivo a capire. All’improvviso, dappertutto, un sacco di gente ha cominciato a urlare, a fare rumore, e io continuavo a non capire. Ma poi, vicino ai tavoli ho sentito una voce: “Io sarò pure ubriaco, ma non sono stronzo, questi ci vogliono far pagare tutto” e lì ho cominciato a capire. A capire il senso di quella festa: ci stavano indorando la pillola. Volevano aumentare le tasse, ed essendo tutti mezzi storditi, speravano che non capissimo niente. Cioè, io già sto inguaiato, sono un povero bottegaio che a malapena sa scrivere, e che deve rischiare la vita anche solo per trovare le provviste per il negozio. Ad un certo punto, dopo che il bordello in piazza iniziava a diventare ingestibile, ho sentito un’altra voce: “Masaniello, dincell’ tu”. Io non capivo benissimo, ma aiutavo a fare casino comunque. Improvvisamente, due colpi in cielo, sparati dall’uomo sul palco. Il silenzio è caduto subito in mezzo alla folla. Le guardie hanno imbracciato meglio i fucili, proprio per farceli vedere, e farci capire. Le teste calde, io compreso, hanno iniziato ad andare via velocemente; gli altri piano piano hanno iniziato a seguirci. Non so che succederà nei prossimi giorni, sinceramente, ho solo paura. Tanta paura.”

Peppe smise di scrivere, chiuse il suo diario, e andò nel retrobottega. Si diresse verso il fondo, spostò un paio di mensole, facendo un po’ di sforzo. Dietro c’era una porticina in legno. L’aprì, ed entrò nella piccola stanza. C’era un piccolo altarino, con due candele ancora spente. Prese un fiammifero, le accese, e prese dal lato della stanza un mazzo di fiori, margherite, le preferite di sua moglie.
Le mise sull’altare, dopodiché cadde in ginocchio, iniziò a piangere violentemente, battendosi il petto nel frattempo. “A chi ci sta ci sta, non me ne fotte più ormai. Innominabile, Demoni, San Gennaro, chiunque. Salvate questa Città.”

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